Skip to main content

La Pietra
attraverso i secoli

Dei Colli Berici

La storia dell'uso della Pietra dei Colli Berici è millenaria. Le prime testimonianze riguardano le iscrizioni rupestri, incise dai paleoveneti sulle pareti in pietra dei covoli di Costozza. Del IV secolo a.C. è una lapide in Pietra di Costozza, riportante un'iscrizione dedicata alle divinità "terminali". All'età Cesariana, risalirebbe invece il cippo limitare di Nanto, ritrovato nella località omonima, inciso su tre facce recanti una disposizione di legge per la coltivazione dei terreni lungo i confini della proprietà. Con l'awento della dominazione romana l'estrazione della pietra è organizzata sistematicamente.

Le grandi opere pubbliche intraprese nell'età di Augusto trasformano in pochi decenni i villaggi di Vicenza e Padova in vere e proprie Città. I ponti di S.Paolo e degli Angeli, il teatro Berga e l'acquedotto a Vicenza, l'arena di Padova e parte dell'arena di Verona sono gli esempi più illustri dell'utilizzo della'Pietra Berica in quell'epoca.

L'utilizzo di questa pietra è talmente vasto che Vitruvio, storico e architetto dell'età di Augusto n'è a conoscenza e nel suo Trattato sull'architettura del 20 a.C. scrive: "Ci sono anche diversi altri generi [di pietra], nella Venezia il tufo bianco, che si taglia anche con una sega come legno". Sono direttamente gli ufficiali romani che dirigono l'attività d'escavazione della pietra, per assicurare il materiale alle opere pubbliche: la manodopera è invece fornita da schiavi.

Il materiale scavato è trascinato all'esterno, dove lavorano i "Iapicidi", che lo sgrossano e lo preparano all'uso; quindi, nel caso della Pietra di Nanto viene trasportata mediante carri trainati da buoi fino al canale Bisatto, dove è caricata su chiatte per raggiungere Longare, Vicenza, Padova o Este.

Le cave d'età romana (oggi covoli) sono state per lo più abbandonate con la caduta dell'Impero Romano e si perde la memoria dell'origine di questi spazi, sui quali regna, nei secoli seguenti un tal mistero, da renderli luoghi sacri. Durante il Medioevo sono state costruite numerose chiese (come quella di S. Mauro a Costozza e di S. Maria di Nanto), e la Pietra dei Berici è stata utilizzata come materiale da costruzione per le murature; nel 1371 a Longare, sorgono per la prima volta, una torre e un ponte in pietra, oggi non più visibili.

Con il Rinascimento, la Pietra di Nanto acquista particolare importanza e sarà la più usata per almeno centocinquanta anni. E' questa l'età moderna, l'eta di Donatello, precursore dei grandi artisti che lavorano ininterrottamente con la Pietra Berica per generazioni. Nei palazzi Vicentini e Padovani di questo periodo nascono vere opere di cesello in Pietra di Nanto. Donatello, a Padova tra il 1447 ed il 1450 realizza (utilizzando anche la Pietra di Nanto) l'altare maggiore della Chiesa del Santo, rivoluzionario per la disposizione spaziale delle numerose statue e dei bassorilievi.

L'opera di Donatello non resta isolata, ma è seguita da una folta schiera d'allievi, che esportano anche nelle zone vicine il linguaggio toscano ed i materiali che Donatello ha prescelto. Ricordiamo in particolare Nicolò Pizolo, scultore originario di Villaganzerla, che realizza la pala per la Cappella Ovetari, nella chiesa degli Eremitani a Padova e Antonio Antico e Andrea Riccio, nelle chiese di Nanto e Barbarano, ed ancora l'opera di uno scultore vicentino di formazione padovana, che realizza l'ancona presente nel primo altare a sinistra della chiesa di Nanto, datata all'ottavo decennio del quattrocento. In tutto il Veneto restano a testimonianza numerose opere scultoree.

L'altra linea di stile che predomina nel periodo è determinata da Pietro da Como e dai suoi allievi: pur esistendo evidenti diversità rispetto alla scuola toscana, anche questa corrente utilizza i materiali berici per portare l'arte della scultura antica nel Rinascimento Vicentino. Da ammirare sono le sculture della Madonna con il bambino, San Rocco e San Sebastiano, sulla parete di fondo del presbiterio della parrocchiale di Nanto, attribuite da Chiara Rigoni a Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi.

A rendere possibile il fiorire delle arti è la Repubblica di Venezia: la sua forza e ricchezza richiama maestranze artistiche romane, fiorentine e comasche; tra i tanti un artista come Alvise Lamberti, architetto e scultore di Montagnana - poi richiamato dallo zar Ivan III per costruire la chiesa del Cremlino - lavora a Lonigo con questa pietra: restano sue il Prospetto Meridionale del Santuario di Santa Maria del Miracoli di Lonigo e la chiesetta dell'Annunziata di Brendola, dove esalta la duttilità della pietra locale, ideando delle superfici riccamente decorate con intagli finissimi e sormontate da grandi conchiglie e pinnacoli.

Ancora, Giacomo da Porlezza e Girolamo Pittoni da Lumignano, in contatto con i più grandi artisti e architetti del tempo, realizzano importanti opere scultoree e d'architettura nella prima metà del cinquecento; e proprio questi accolgono nel 1524 il giovane Andrea di Pietro dalla Gondola, battezzato poi Palladio, uno dei più insigni vicentini, ovunque conosciuto nel mondo.

Andrea svolge il suo apprendistato come scalpellino a Padova sotto il maestro Bortolomeo Cavazza da Sossano, paese ai piedi dei Colli Berici; si cimenta nel disegno d'ornato, nell'incisione e nella scultura di elementi d'architettura.

Queste conoscenze, gli serviranno più tardi, architetto ormai maturo, per ideare progetti nei quali la Pietra Berica diventa materiale pregiato per la decorazione e l'abbellimento delle più ricche architetture. Nelle ville da lui progettate sono in pietra i basa menti, i capitelli, gli architravi, i fregi, le cornici, i contorni delle finestre e delle porte, nonché gli scalini, i pavimenti, le balaustrate, le mensole per i balconi aggettanti. Le murature sono i invece in laterizio intonacato: a quel tempo, infatti, era troppo costoso edificare completamente in pietra, alla maniera dei greci.

Si seguiva principalmente la tecnica costruttiva romana, dove di pietra era solo il I rivestimento esterno. Profondo conoscitore del materiale, Palladio riporta nella sua opera I quattro Libri dell'Architettura: "Le pietre si lavoreranno subito cavate: perché sarà più facile il lavorarle all'hora, che se per alcun tempo fussero state all'aere, essendo che tutte le pietre, quanto più stanno cavate tanto più divengono dure..." la ragione di questo fatto si spiegherà solo molti secoli più tardi.

Palladio scrive anche dei ponti romani che c'erano a Vicenza: "Sono l'uno e l'altro di questi ponti fatti di Pietra di Costozza, la quale è pietra tenera e si taglia con la sega come si fa il legno". Il suo successore, Vincenzo Scamozzi, completa alcuni lavori di Palladio, dimostrando pur con uno stile indipendente, una profonda conoscenza della Pietra dei Berici, come si può osservare nella Rocca Pisana a Lonigo.

Scamozzi, architetto - scienziato, tenta inoltre di dare una spiegazione alla formazione delle pietre, riprendendo le ricerche già cominciate da Plinio ed Aristotele. Le ville costruite nel XVI secolo, opera di questi illustri architetti, sono successivamente completate mediante l'arricchimento delle zone circostanti la villa stessa, con le decorazioni e la recinzione dei giardini e dei broli, ad opera di numerosi scalpellini e scultori che producono elementi di arredo per esterni: statue e putti con soggetti mitologici e zoomorfi, fontane, grigliati e graticci, balaustrate, scalinate, vasi e pilastri di cancellate. Una bottega che lavora nel vicentino per diversi decenni è quella degli Albanese, fondata da Francesco alla fine del '500 e perpetuata dai figli e nipoti per quasi un secolo.

A loro sono dovuti un altare nella chiesa Barbarano Vicentino e numerose sculture nel giardino della Rotonda e di villa pojana (1658). La bottega più famosa del periodo resta però quella dei Marinali, originari di Bassano del Grappa, trasferiti a Vicenza nel 1667.

Orazio è il più anziano e famoso dei tre fratelli; allievo a Venezia dello scultore Le Court, porta a Vicenza lo stile barocco. Le statue di Orazio e dei fratelli Angelo e Francesco sono di fattura perfetta, ricche di particolari e gestualità.

Un eccellente esempio ne sono la Macchina Mondiale, nel giardino di villa Conti, a Montegaldella, un ricco apparato scultoreo su di una struttura monumentale gradonata. Orazio Marinali è a Costozza nell'ultimo decennio del Seicento, dove lavora per la decorazione del giardino e del villino Garzadori, celebre oggi come Grotta del Marinali.

Statue certamente attribuite ad Orazio Marinali le Teste Grottesche all'interno del villino e il complesso scultoreo di Nettuno. I nobili veneziani, consci della responsabilità di edificare in zone in cui il Palladio aveva operato, per non sfigurare chiamano grandi architetti per completare e decorare ogni costruzione: Francesco Muttoni è autore di villa Fracanzan Piovene di Orgiano, edificata nel 1710 nella quale l'architetto usa in maniera diffusa e razionale il Giallo Dorato dei Berici, esaltandone le caratteristiche tecniche ed estetiche.

I pilastri del portico sono massicci, come le colonne della villa, non più in mattoni rivestiti, alla maniera del Palladio. Un'altra opera attribuita a questo maestro sono le barchesse di villa Camerini a Mossano, dove la Pietra di Nanto è utilizzata sia per sue caratteristiche intrinseche, sia per la vicinanza della villa alle cave.

Con la Repubblica Serenissima di Venezia, si decreta la fine di un periodo ricco e florido sia per l'economia che per la produzione artistica. Segue un'epoca d'incertezza, di complesse vicende storiche, che portano l'alternarsi nel territorio di Francesi ed Austriaci, tutto questo conduce alla mancanza di importanti lavori, alla conseguente perdita di gran parte della tradizione e delle grandi scuole.

Resterà comunque sempre radicata nel territorio una produzione artigianale di taiapiera (taglia pietra) che continueranno a realizzare soprattutto elementi d'architettura ed oggetti di uso quotidiano.

Fonte: Francesco Grassi, "Colli Berici" Ed.Papergraph, 2000